Cari amici e sostenitori del GICAM,in questo momento di incertezza dovuto alla pandemia mondiale, molte zone del mondo già in situazione di criticità hanno visto un aggravarsi della loro condizione. Per questo, abbiamo provato a far sentire la nostra presenza anche da remoto, informandoci il più possibile sull’evoluzione nei Paesi in cui operiamo e porgendo un nostro pensiero a chi è in difficoltà.
Noi del GICAM lottiamo per dare un aiuto ai più piccoli e ai più poveri e, con molto rammarico, abbiamo dovuto cancellare ogni missione a partire da febbraio. Il mondo ha preso una brutta piega, ma niente che il sorriso di un bambino non possa risolvere. Ed è proprio il sorriso dei nostri pazienti che ci manca di più. Gli ospedali in cui operiamo sono in grande difficoltà, ma alcuni, come il CRHP a Jamkhed in India, continuano a sostenere i più deboli e meno privilegiati.
Le nostre dottoresse in Uganda
In questo periodo di preoccupazione, abbiamo chiesto ad alcuni dei nostri medici di riferimento in Uganda di aggiornarci sulle condizioni nel loro paese
La dottoressa Mary Juliet Nampawu,
anestesiologapediatrica, ci comunica la voglia di ritornare a curare i bambini che sono per lei una fonte di gioia.
In attesa di ritornare in missione con il team del GICAM, si rassicura del fatto che le risorse attualmente non disponibili nei centri in cui operano insieme, torneranno a essere operative con il passare del tempo e il sostegno dei nostri membri.
La dottoressa Dorothy Bbaale,
specializzata in chirurgia plastica in Uganda, ci comunica di sentire la mancanza della nostra organizzazione, grazie alla quale è riuscita a sentirsi subito a casa, sorpresa dal fatto che riuniamo tanti professionisti di diverse parti del mondo. La rattrista il fatto che la pandemia abbia impedito molti piani, poiché il suo scopo è quello di migliorare la vita delle comunità con cui lavora. In Uganda, purtroppo, ci sono solo 9 chirurghi plastici per 45 milioni di persone. La dottoressa sta partecipando a uno studio esplorativo sul tasso di mortalità degli operatori sanitari in relazione al COVID-19, condotto con colleghi e laureati del gruppo Oxford Global Surgery.
La pandemia in India – il CRHP
Varie notizie ci arrivano dall’India, a cui abbiamo deciso di dedicare uno spazio speciale. Il paese ha subito gravi ripercussioni causate dal virus, ma i nostri collaboratori non hanno perso le speranze.
Come ben saprete, nel 2014 il GICAM si è unito all’organizzazione Comprehensive Rural Health Project (CRHP) che si occupa di offrire assistenza sanitaria nelle zone rurali di Jamkhed, distretto nello stato del Maharashtra. I fondatori e dottori Raj e Mabel Arole sono gli artefici di uno dei modelli migliori per l’approccio alle cure sanitarie basato sulla comunità; approvato da UNICEF e OMS, è fondato sul presupposto di incentivare lo sviluppo di uguaglianza, emancipazione, integrazione e tecnologia. Quando il COVID iniziava a diffondersi nello stato del Maharashtra, l’organizzazione era pronta e aveva iniziato a lavorare con il governo, la polizia locale e i capi amministrativi già due settimane prima del lockdown del 24 Marzo. Il “Modello Jamkhed” è stato composto per dare delle linee guida alle zone rurali, esso include un metodo per classificare infetti a seconda del tipo di esposizione, contagio o diagnosi del Covid e degli orientamenti per assegnare diversi ospedali in base al tipo di paziente nonché dei consigli per rendere accessibili i tamponi a quelle regioni. L’organizzazione ha inoltre lavorato per creare consapevolezza a livello sociale nei confronti della pandemia nelle zone di campagna. Grazie a 200 lavoratori delle classi di base è riuscita a diffondere il sapere ad una popolazione di quasi 500.000 persone. Conscio dell’inefficacia della quarantena nelle aree rurali, il CRHP ha allestito uno stabilimento da 300 posti letto, cure mediche e pasti, in cui veniva mandato chiunque tornasse da una città. Grazie a questo metodo e alla distribuzione di visiere e mascherine riutilizzabili, si è riusciti a contenere il virus. Vi ricordiamo che questa organizzazione amica del GICAM non riceve fondi dal governo e si basa su donazioni. Nonostante ciò continua a procurare cibo e beni essenziali per le famiglie che hanno bisogno.
Il GICAM ha deciso di continuare a fare il possibile per i più deboli donando al CRHP 10.000 euro a giugno destinati alla lotta contro il virus. È stato proprio con il nostro aiuto che sono riusciti a trasformare un collegio in centro quarantena per 300 pazienti, ospitando 700 persone e aggiungendo da 50 a 120 posti all’ospedale.
Il GICAM in India. Un impegno crescente
In pubblicazione un libro fotografico sul GICAM
Robert Miniter, fotografo australiano, ha deciso di dedicare il suo nuovo libro ai medici che hanno cambiato le vite di moltissimi pazienti a Jamkhed, il Prof. Lanzetta Bertani compreso.
I nostri medici per l’India
l nostro professore adora l’India: ammette di aver vissuto con i suoi occhi storie di compassione e perdono che hanno fatto crescere la sua motivazione e la voglia di espandere le missioni nel paese Asiatico. Viene accompagnato nelle sue idee anche dal dr. Paul Miniter e dal dr. Bruno Mastropasqua, lieti di aver acquisito esperienza medica rispettivamente nel campo ortopedico e chirurgico. Grazie alle varie missioni, sono riusciti a donare un sorriso a chi l’aveva perso.
Negli ultimi quattro anni, il GICAM ha aiutato Jamkhed provvedendo a fornire tavoli, ventilatori, amplificatori d’immagine e attrezzatura chirurgica. Il piano di modificare in meglio l’ospedale per i campi futuri è ancora in atto.
Le meraviglie dell’india
Durante le svariate missioni di questi anni, il nostro team ha avuto modo di visitare il meraviglioso paese indiano, un posto ricco di storia, cultura e tradizione.
L’india non è semplicemente quella mostrata nei film di Bollywood, ma molto di più. Per questo motivo, abbiamo deciso di dedicare una parte della nostra newsletter all’approfondimento del paese in cui abbiamo avuto l’opportunità di operare.
L’india e le sue curiosità in pillole
Con più di 1,3 miliardi di abitanti, l’India è il secondo paese più popolato al mondo.
Oltre alle due lingue ufficiali del governo centrale, l’hindi e l’inglese, altre 20 sono riconosciute come tali, senza contare la moltitudine di ulteriori lingue e dialetti parlati sul territorio (circa 1.652).
Si ritiene che lo yoga, disciplina fisica e mentale, sia nato in India 5000 anni fa, così come l’invenzione del gioco degli scacchi nel VI secolo d.C.
In India si possono incontrare spesso i Sadhu, monaci nomadi che portano sul capo le poche cose che possiedono e viaggiano alla ricerca dell’illuminazione. Essi godono di libertà uniche, come fumare marijuana o viaggiare gratuitamente sul treno.
Per parlare di un’altra curiosità, si stima che si ci siano tra i 5 o i 6 milioni di Horas o persone del terzo sesso, sono uomini che si vestono come donne ma non si considerano né uomini né donne. Attualmente, ci sono campagne in corso affinché questo genere possa essere ufficialmente riconosciuto.
In India sono presenti circa 300.000 moschee, più che in qualsiasi altro paese; il 13% degli indiani è musulmano ed è anche presente il maggior numero di musulmani nel mondo (dopo Indonesia e Pakistan).
L’induismo è la religione più importante, praticata dall’80% della popolazione. Esso conta più di 330 milioni di divinità, tra cui Brahma (la Creazione), Vishnu (la Conservazione) e Shiva (la Distruzione). Secondo il calendario induista, inoltre, non esistono 4, bensì 6 stagioni: primavera, estate, stagione delle piogge o monsoni, autunno, pre-inverno e inverno.
Le mucche indiane
Anche per via della religione, il paese si classifica al primo posto nel mondo per numero di vegetariani. Si pensi per esempio al fatto che le mucche sono sacre, poiché rimandano alla fertilità e all’abbondanza, simboleggiando le generosità della terra.
Gli indù non considerano la mucca in sé una divinità e non la adorano, ma la vedono come un simbolo sacro della vita che come tale va protetto e riverito, dunque non consumato. Non è insolito vedere vacche aggirarsi tranquille nel caldo traffico indiano delle grandi città o camminare indisturbate in campagna.
Sono mucche di razza zebù, diverse da quelle a cui siamo abituati, molto magre e solitamente di colore chiaro, la cui caratteristica fisica principale è la gobba sulla schiena e delle corna particolarmente lunghe. Durante le feste non è raro vedere le vacche decorate e portate in processione.
Il primo divieto per la macellazione apparve verso il 1527, durante il regno di Mughal Zahir ud-din Muhammad Babur, il quale pensava che il divieto gli avrebbe fatto vincere il favore tra gli indù. Durante la dominazione inglese, la macellazione delle carne bovina divenne nuovamente un problema, e di seguito lo stesso Mahatma Gandhi si fece portatore del “Gauraksha” (protezione della mucca), propagando l’idea di vietare la macellazione delle mucche.
Viaggiare in India
L’India non si adatta a chi predilige uno stile turistico prettamente di stampo occidentale, anche se alcuni posti offrono il meglio dei due mondi.
Per chi volesse fare un viaggio in questo meraviglioso paese, a pandemia passata, il Kerala è il posto perfetto, si trova a sud ed è affacciato sul mar arabico Abitato da 33 milioni di abitanti che, nonostante religioni e lingue diverse, convivono armoniosamente, è uno degli stati dell’India più avanzati in termini di benessere sociale e qualità della vita.
La sua storia è collegata in modo stretto al commercio che ruotava attorno al mercato delle spezie, motivo per cui la regione è conosciuta come la Costa delle Spezie dell’India. L’antico Kerala ospitava viaggiatori e commercianti da tutto il mondo, inclusi greci, romani, arabi, cinesi, portoghesi, olandesi e britannici. Oggi accoglie ancora viaggiatori e turisti provenienti da lontano che si spingono sulle sue terre alla ricerca della tranquillità, di trattamenti ayurvedici, yoga e, ancora una volta, di cibi speziati. Il nome Kerala significa “terra di noci di cocco”, le palme rinfrescano ancora il territorio, sovente baciato da un sole cocente.
La tipicità dello scenario è data dalle dozzine di fiumi e innumerevoli corsi d’acqua che attraversano questo paesaggio tropicale creando silenziose lagune attraversate soltanto da piccoli traghetti in legno che trasportano i visitatori. Anche la campagna è di una bellezza naturale unica con il suo saliscendi e le innumerevoli sfumature di verde. Se volete visitare questo bellissimo posto vi consigliamo di organizzare il viaggio nel periodo giusto, poiché vi sono periodi di forte umidità e grandi piogge. La stagione estiva va da marzo a maggio, è calda e umida con piogge intermittenti. Segue poi la stagione dei monsoni, da giugno a settembre, durante la quale è sconsigliato viaggiare, le spiagge si svuotano e molti alberghi e ristoranti sono chiusi. Ottobre segna l’inizio della stagione invernale che durerà fino a marzo e che rappresenta il momento migliore per esplorare questo paese. Per finire, non dimenticate alcune semplici accortezze quando lo visiterete:
– È consigliato non usare mai la mano sinistra perché essa è considerata impura e utilizzata quotidianamente per l’igiene personale. Il resto di tutte le attività non viene mai svolto con la mano sinistra, dal contare i soldi all’indicare qualcuno o tanto meno toccare un luogo sacro.
– Quando gli indiani vogliono dire di sì, non scuotono la testa dall’alto verso il basso e viceversa come facciamo noi in palese segno di assenso, ma fanno l’opposto. La testa si muove sul piano orizzontale, esattamente nel modo che noi usiamo per dire no. In realtà in India vige un variegato sistema di mosse e ondulamenti della testa, ognuno con un preciso significato.
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